Ho sempre percepito come il vino rappresenti il «segno del tempo», il nostro tempo che si consuma silenziosamente e senza soste. Ora ancor più sento questa verità e capisco meglio quando, da ragazzo, sentivo parlare i miei che raccontavano di una bottiglia di una annata che era molto diversa da quella di un’altra annata e che ne mancavano alcune perché, quell’anno, il clima non aveva consentito. La conversazione, accompagnata da quella specifica bottiglia, aiutava a commentare l’andamento climatico, i fatti accaduti, le nascite e le dipartite. Si raccontava la vicissitudine di persone di ogni sorta e carattere, di ricordi anche forti, memorabili. La conversazione era governata dai più anziani ma, con buon garbo, la donna riusciva a portare il suo contributo nella discussione soprattutto con argomentazioni sorprendentemente lucide e concrete (in quell’annata è successo quell’incidente, Pierino è stato a lungo in ospedale, era grandinato presto a primavera, Luigi con gli orecchioni… piuttosto del morbillo…). Questo era comunicare il tempo, le stagioni, il passare; e l’annata aveva come testimone quella bottiglia che veniva ‘etichettata’ con una scritta di gesso che meglio della carta resisteva a lungo in cantina, spesso umida d’estate nel crutin*. Ma veniamo a quanto è successo nel 2017, in quel meraviglioso angolo toscano prediletto dagli Etruschi e testimone di infinite generazioni che hanno lasciato tracce negli abitati come nell’agreste circostante.
Un fatto racconta tutto: tra Ottobre 2016 e Ottobre 2017 sono caduti meno di 200 mm di acqua…ossia valori da deserto.
Il germogliamento è avvenuto prestissimo come non mai; a seguire, con germogli già ben sviluppati, nel periodo 18-23 aprile, si sono verificate importanti gelate che hanno prevalentemente interessato le zone più basse ma, qualche corrente d’aria gelida ha provocato alessature** anche in media ed alta collina. L’estate è iniziata a ‘primavera’ e le temperature elevate sono perdurate per più di novanta gg e spesso con massime oltre 40C°.
Talvolta il vento ha contribuito ad accentuare la già bassa umidità relativa dell’aria portando anche e soprattutto di giorno, ad una grave stasi vegetativa delle vigne, quelle più giovani, con gran parte delle foglie afflosciate, perdita di crescita vegetativa, internodi visibilmente raccorciati, necrosi vistose agli apici vegetativi e caduta prematura di alcune foglie. A ben osservare, anche le masse boschive del territorio, soprattutto alle sommità dei rilievi, hanno gradualmente mostrato diffusi fenomeni di ‘anticipata senescenza’ con colorazioni atipiche e variamente ‘autunnali’ già in luglio.
I vigneti appena impiantati, così come quelli non ancora fruttiferi, hanno ‘pagato’ il prezzo più alta della mancanza di acqua con perdite di giovani piantine anche importanti.
Quali le ‘lezioni’ che si possono trarre da siffatta situazione? Riferirei su tre aspetti principali: la base geologica, la tecnica colturale, i vitigni e loro età.
La base geologica: i vigneti sui terreni di matrice vulcanica sono risultati straordinariamente tolleranti alla esasperata siccità e hanno risposto in modo eccellente mantenendo una parete fogliare ordinata e funzionale (stress idrico sempre reversibile). I grappoli non hanno sofferto disidratazione né hanno perso la turgidità.
La tecnica colturale: la pacciamatura vegetale è ancora stata verificata come il più potente mezzo per mitigare la carenza idrica, limitare l’eccesso di energia solare, favorire le regolari capillarità del terreno.
I vitigni storici del territorio hanno ancora dimostrato la loro straordinaria adattabilità a eventi così estremi. Tra di essi hanno primeggiato il Procanico ed il Cannonau grigio; a seguire il Sangiovese ed il Ciliegiolo.
La vendemmia è stata effettuata nella norma come date (dal 06/09 al 27/09), perché vi era necessità di aspettare le notti più lunghe e qualche tregua per le temperature elevate. Un certo rammarico per le minor produzioni ma grande soddisfazione per esser riusciti ad arrivare in porto con un prezioso prodotto.
E non si finisce mai di imparare: ogni annata una storia diversa e si racconterà perché unica, ancora in una bottiglia, perché rimanga testimone e custode di quel tempo che è già passato.
Intanto La Maliosa ha prodotto alcune “gemmazioni” e la più concreta si chiama vigna Cudé in Valtellina (So) della quale si parlerà a breve. Per le altre arriveranno notizie un poco più avanti.
Che il 2018 sia foriero di salute per noi e per le piante che ci vivono accanto.
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