La Maremma collinare, anche per coincidenze storiche, rappresenta uno dei paesaggi di grande armonia tra ruralità e ambiente, uno dei più originali d’Italia.
Accanto ad alcune zone dove l’intervento agricolo è abbastanza evidente, ve ne sono molte altre, a brevissima distanza, dove gli spazi sono prevalentemente occupati da boschi, macchia, pascoli. Questo scenario è altresì accompagnato da una presenza molto occasionale di poderi e casali, conferendo all’insieme una vera rarità nell’ambito del paesaggio rurale italiano.
L’attività agricola è stata lungamente esercitata ma soprattutto negli ultimi due-tre decenni ha subito un forte cambiamento attraverso una meccanizzazione disarmonica su un territorio così fragile. Tale fragilità è la conseguenza di interventi dissodanti ripetuti in profondità con attrezzature sempre più potenti che ne hanno progressivamente esposto i terreni ad un forte degrado, accentuato poi da eventi piovosi intensi, anch’essi responsabili di fenomeni erosivi anche drammatici.
Ricordando che l’aratro col versoio è lo strumento più negativo sulle pendenze dei versanti collinari, questi terreni non possono oltremodo essere sottoposti a queste pratiche. Inoltre è veramente un nonsenso economico pensare di produrre cereali con una modalità così dispendiosa di terreno: una risorsa mai più rinnovabile e in un contesto di prezzi globali vergognosamente bassi.
Non si comprendono le strategie istituzionali che tramite l’erogazione di contributi incoraggiano in queste zone la distruzione del “patrimonio-suolo” e l’impoverimento economico e culturale dell’agricoltore. Anche nel caso della vigna è più che doveroso un ripensamento sulla sistemazione dei filari monte-valle che espongono costantemente i vigneti ad una grave perdita di terreno prezioso causa erosione.
La gestione della collina va ripensata urgentemente perché il danno procurato dall’attività agricola negli ultimi anni è veramente incalcolabile e non da ultimo ha interferito pesantemente sulla mancata gestione delle acque meteoriche nel loro regolare deflusso a valle.
Naturalmente questi problemi non riguardano unicamente la Maremma ma la gran parte delle zone collinari italiane.
Con questi presupposti, quali le possibili prospettive?
Il concetto fondamentale è che la collina non può più essere oggetto di una produzione intensiva di cereali invernini che richiedono arature, diserbi e soprattutto che lasciano il terreno nudo in un periodo molto critico per le precipitazioni. Sono invece da incoraggiare i sistemi prativi sia per fienagione che per pascolo. Per quanto riguarda le situazioni di oliveto e vigneto sarebbe opportuno evitare tutti quegli interventi che compromettono la stabilità del suolo, la sua vulnerabilità all’erosione e la sua perdita di qualità biologica.
L’estensivo e l’intensivo in collina sono due forme di agricoltura che vanno nella direzione della non-sostenibilità produttiva ed economica nel medio-lungo periodo.
Il valore agricolo di questi territori, quindi, non si esprimerà più attraverso dei prodotti “massificati”, a bassa marginalità, ma con prodotti di territorio, di tradizione ed artigianato che siano anche espressione dei valori storici e paesaggistici.